Messy middle, il nuovo modello comportamentale degli utenti online
Ad oggi, la grande quantità di scelte e informazioni a disposizione dei consumatori rende il processo di acquisto sempre più confuso. Secondo alcuni studi recenti svolti da Google, il 54% dei consumatori italiani ha difficoltà a trovare online il prodotto che desidera o che intende acquistare.
Questo studio ha portato allo sviluppo di un nuovo modello decisionale che riproduce fedelmente il “caos” dentro il quale si ritrova il consumatore una volta che inizia, intraprende e porta a termine il suo viaggio. Il “messy middle” è proprio questo, quello spazio compreso tra il primo trigger e l’acquisto finale (se avviene) da parte del consumatore.
La decisione di acquisto finale è l’ultima spiaggia, quel luogo dove si arriva solo se il percorso tra l’esplorazione e la valutazione delle scelte di acquisto sono state soddisfacenti.
Fonte immagine: webranking.it
Come si comportano gli italiani nel processo di acquisto?
Esistono ad oggi 7 bias cognitivi principali in grado di influenzare drasticamente il processo di acquisto degli utenti, in particolare degli utenti italiani. Uno studio effettuato da Google si è focalizzato su 100.000 scenari di acquisto in 10 categorie. Tra i bias che influenzano maggiormente gli utenti ci sono:
- Euristica di categoria: brevi descrizioni del prodotto e della categoria merceologica.
- Immediatezza: tanto più è veloce la spedizione tanto più è forte l’intenzione di acquisto.
- Prova sociale: il parere degli utenti rende più facile la scelta.
- Bias di autorità: il parere di un esperto rende il prodotto affidabile.
- Scarsità: meno è disponibile il prodotto più questo è desiderabile.
- Gratuità: prodotti omaggio, sconti speciali, plus che rendono l’acquisto decisivo.
- Componente emotiva
I consumatori italiani, rispetto all’ultimo bias ovvero la componente emotiva, prendono decisioni di acquisto in base a come si sentono indossando o possedendo un certo tipo di prodotto. Fanno parte di questa categoria i prodotti di lusso, occhiali da sole, abbigliamento…gli acquirenti sono stimolati da tutto il mondo che gira intorno al prodotto, cosa questo rappresenta e come li fa sentire.
Come devono comportarsi oggi le aziende di fronte al percorso sempre più confuso che effettuano gli utenti online?
Alcuni consigli per le aziende
È fondamentale essere sempre presenti all’interno del “messy middle”, il brand deve farsi notare nel momento in cui il consumatore è alla ricerca e valuta le opzioni di acquisto.
I brand che rispettano tutti i bias cognitivi sono in grado di attrarre i clienti, anche se il brand è sconosciuto o è il meno preferito tra gli utenti.
Devono essere fornite informazioni chiare sul prodotto, in questo modo il cliente è più propenso ad abbandonare il suo viaggio nel caos e affidarsi al brand.
I bias che hanno maggiore forza sono: l’euristica di categoria e quella sociale, il potere della gratuità e la forza del brand. L’importanza di ciascun bias può cambiare a seconda della categoria merceologica e della fase del messy middle. Ad esempio, la componente emozionale è molto efficace nella fase di esplorazione, quella sociale invece nella fase di valutazione.
Studiare, rintracciare e utilizzare i bias cognitivi nel modo giusto può aiutare le aziende a guidare i clienti nella fase di acquisto, in questo nuovo modello comportamentale dominato dal caos e dall’incoerenza comportamentale. Questi bias possono essere utilizzati come strumento competitivo verso la concorrenza, ma anche come strumenti per aumentare le proprie quote di mercato.
Non resta rimane altro che sperimentare i bias comportamentali e prepararsi ad aumentare le vendite!
DIGITAL CREATOR: LA FIGURA INDISPENSABILE PER FAR CRESCERE IL TUO BUSINESS
Nonostante in passato e ancora oggi molti siano intimoriti dal modo in cui il digitale stia causando l’obsolescenza di alcuni mestieri e la perdita di posti di lavoro, è ormai chiaro come, allo stesso tempo, stia rappresentando anche un’opportunità per la nascita di nuove possibilità di business e di sviluppo, per ogni tipo di azienda.
Già nel 1996 Bill Gates aveva parlato dell’importanza dei contenuti nel suo celebre articolo “Content is king”, affermando che sarebbero diventati la principale fonte di guadagno su Internet.
In effetti l’importanza del contenuto digitale nella comunicazione e nella costruzione di un rapporto solido tra brand e clienti è ormai assodata, essendo Internet il canale diretto tra brand e clienti che ha rivoluzionato il modo di fare impresa e di comunicare con il proprio pubblico.
È per questo che tra i mestieri che stanno nascendo grazie alla rivoluzione digitale e che stanno acquistando un’importanza sempre maggiore troviamo il digital creator, colui che gestisce e cura i contenuti sul web.
Ma in cosa consiste davvero questo mestiere?
Innanzitutto, essere digital creator significa ideare e creare contenuti digitali, condividerli e renderli fruibili online al target di riferimento.
Il principale compito di questa figura è quello di progettare, o semplicemente seguire, un progetto di comunicazione, definire i contenuti, crearli e condividerli sui touchpoint online presidiati dall’azienda. Tutto questo viene realizzato solitamente in Team, dato che gli obiettivi dei contenuti da pubblicare online vengono definiti sulla base delle necessità di business aziendali e si avvalgono spesso di animazioni, immagini ed elementi musicali, che presuppongono il lavoro di esperti nel campo.
L’obiettivo del digital creator è gestire i contenuti da pubblicare sui vari touchpoint online, per diffondere una brand image coerente e migliorare il business aziendale.
Può farlo mediante la pubblicazione di contenuti per i siti web aziendali, tramite la loro pubblicizzazione e promozione o attraverso l’organizzazione di campagne di comunicazione sui diversi touchpoint in rete (newsletter, social networks ecc.), attraendo potenziali clienti e fidelizzando quelli già acquisiti.
È facile comprendere come oggi questa figura sia diventata più che mai fondamentale per ogni azienda: senza contenuti di qualità, i siti e i social network aziendali non avrebbero alcuna efficacia o valore, sia per l’azienda che per gli utenti.
Il sito web e i social aziendali rappresentano il biglietto da visita di ogni brand e il principale canale attraverso il quale si relazionano con i propri clienti. Ecco perché assumere uno o più digital creators di talento può fare indubbiamente la differenza.
Ma diventare digital creator non è affatto semplice. Occorre avere una solida base formativa e delle competenze ben specifiche: dalla conoscenza del mondo del marketing e della comunicazione d’impresa, alla capacità di utilizzo dei principali strumenti informatici, fino alle doti specifiche di scrittura creativa e di propensione all’approfondimento di diverse tematiche, in base allo stile comunicativo e agli obiettivi prefissati dall’azienda.
In più, facendo parte dei mestieri che presuppongono un contatto con il pubblico, anche se virtuale, questa figura deve conoscere il target di riferimento e adattare lo stile comunicativo sulla base delle sue caratteristiche e aspettative, oltre che a quelle della propria azienda.
Negli ultimi anni sono stati sempre di più i giovani che hanno intrapreso un percorso di studi specifico e che si sono formati per diventare digital creator, ed è aumentato anche il numero delle aziende alla ricerca di questa figura. Nonostante sia un mestiere ancora oggi in evoluzione, il mercato del lavoro ha dimostrato quanto invece sia valorizzato: che siano figure junior o esperti nell’ambito, ogni azienda ha bisogno di almeno un digital creator nel suo team di marketing. Ovviamente a fare da discriminante nell’assunzione di una figura come questa non è solo l’anzianità, ma anche il settore di riferimento e gli obiettivi di business dell’azienda.
Noi siamo sicuri che questo mestiere continuerà a dimostrare la sua importanza e a rappresentare un tassello fondamentale delle risorse aziendali, per migliorare il business e il rapporto tra clienti e brand.
COME SFRUTTARE SPOTIFY PER LE AZIENDE
I contenuti audio, insieme a quelli video, sono diventati i preferiti dagli utenti online.
Assistenti vocali, podcast, playlist in streaming, messaggi vocali su ogni tipo di piattaforma…la voce è ovunque, ma soprattutto è un potente strumento di marketing, anche per le aziende.
Secondo le ricerche del Nielsen Media Lab, l’audio permette di convertire gli utenti più di qualsiasi altra cosa. Ogni annuncio pubblicitario può essere ascoltato più volte durante la riproduzione musicale su Spotify e questo permette all’adv di rimanere nella mente dell’ascoltatore, di insinuarsi e portare la persona all’acquisto. La piattaforma advertising di Spotify è uno strumento molto interessante per le aziende, ma ad oggi le sue potenzialità sono ancora poco esplorate: chi saprà sfruttarle al meglio ne coglierà i frutti prima degli altri.
Nel 2020 Spotify ha raggiunto oltre 300 milioni di iscritti, di cui 155 milioni abbonati Premium. Diffusa in 178 Paesi in tutto il mondo, è diventata la piattaforma di musica in streaming più conosciuta di sempre.
Attualmente si stima che gli utenti trascorrano mediamente 69 minuti al giorno ad ascoltare musica.
Come fare pubblicità su Spotify
L’Advertising su Spotify è ancora poco sfruttato in Italia. Solo da pochi mesi è possibile usufruire del servizio nel nostro Paese, dato che fino a pochi mesi fa la piattaforma Ad Studio era presente solo in Inghilterra, America e Canada.
Spotify targettizza i suoi utenti iscritti sulla base dell’età, del genere, della provenienza geografica e dei gusti personali. È chiaro che questo permette alle aziende di intercettare l’utente attraverso l’adv nel momento più “caldo”, ovvero quando si stima che l’utente sia più attivo. Grazie all’Ad Studio di Spotify l’azienda può produrre e distribuire da sé contenuti commerciali audio self-service attraverso due obiettivi: aumento della conoscenza del brand e promozione di un contenuto o di un evento musicale.
Per generare un annuncio basta infatti registrarsi alla piattaforma, caricare lo script e scegliere la musica di sottofondo. Vediamo come si fa.
I primi passi per iniziare
1. Iscriviti e crea il primo annuncio pubblicitario
Per iniziare ad utilizzare la piattaforma dovrai, prima di tutto, iscriverti. Una volta che avrai creato il profilo aziendale non ti resterà che targettizzare il tuo pubblico e creare il tuo annuncio!
2. Seleziona il target del tuo annuncio
Puoi scegliere il tuo pubblico sulla base di dati demografici, età, genere e geolocalizzazione. In più, puoi raggiungere gli ascoltatori in base ai loro interessi o a ciò che stanno ascoltando.
3.Crea il tuo annuncio
Ti servirà solo un annuncio audio o video per poter pubblicizzare il tuo brand o la tua musica. Se non hai il materiale creativo sarà Spotify a produrlo per te in modo gratuito entro 24 ore. Se invece sei in possesso di una creatività puoi caricarla direttamente su Ad Studio.
4. Misura l’andamento della campagna
Puoi consultare i report in tempo reale. Questi includeranno i dati di erogazione dell’annuncio, le relative performance e gli approfondimenti sul target.
Formati disponibili su Ad Spotify
I formati disponibili sulla piattaforma sono di diverso tipo: audio, video e display.
Il formato audio è un annuncio che viene trasmesso tra un brano e l’altro, permettendo di intercettare l’ascoltatore durante il massimo della concentrazione. L’annuncio audio può essere completato con un link cliccabile, per consentire agli ascoltatori di raggiungere il sito web o l’app dell’inserzionista.
Fonte immagine: https://ads.spotify.com/
Il formato video viene riprodotto mentre l’utente sfoglia il catalogo musicale e podcast. Gli annunci includono un banner con un invito all’azione personalizzabile, per aumentare il coinvolgimento dell’ascoltatore.
Fonte immagine: https://ads.spotify.com/
I formati display sono di tre tipologie: overlay, homepage takeover e leaderboard. Il formato overlay viene erogato quando l’utente torna all’app Spotify, determinando il massimo impatto in termini di visualizzazione per il tuo brand. L’homepage takeover fornisce la presenza di un banner fisso per 24 nella home della piattaforma, mentre il leaderboard è un video formato banner che ha una visibilità di soli 30 secondi. Tutti i formati possono essere resi interattivi e cliccabili, indirizzati verso il sito web o app aziendale.
Fonte immagine: https://ads.spotify.com/
I vantaggi per le aziende
- Budget flessibile: l’importo minimo da investire in una singola campagna pubblicitaria è di 250 euro.
- Produzione gratuita della creatività: per ogni campagna, se non disponi della creatività, puoi richiederla alla piattaforma senza costi aggiuntivi.
- Controllo: puoi decidere, attraverso la tua dashboard, come intervenire sulla tua adv in tempo reale.
- Report live: puoi monitorare le metriche della campagna come la reach, la frequenza, il tasso di ascolto, i click e ctr in tempo reale, e scaricare questi report in csv.
- Insight sul target: sulla piattaforma potrai non solo monitorare le performance del tuo spot, ma anche avere informazioni sul target intercettato.
Spotify adv è un’ottima opportunità per le aziende di oggi: un modo nuovo di fare advertising che sfrutta l’audio come mai è stato fatto prima.
Né fisica né digitale: è phigital la nuova frontiera del marketing
Viviamo in un mondo iperconnesso. È un’affermazione che facciamo e sentiamo ripetere spesso, una realtà acclarata: si passa con facilità e naturalezza dalla dimensione fisica a quella digitale, e il confine tra questi due mondi sta diventando sempre più sottile. Un fenomeno così diffuso che oggi è analizzato con attenzione e ha portato alla nascita di un neologismo per essere identificato: phygital. Appunto, “fisico” e “digitale” insieme.
Phygital, parola chiave dell’innovazione
Esperienze che uniscono il mondo fisico e quello digitale non sono novità assolute, perché la tecnologia digitale è da tempo parte integrante della nostra realtà. Ce lo dicono i numeri e ce lo confermano le nostre abitudini: dagli smartphone alle case intelligenti, quanto è più comodo e facile sbrigare anche le piccole incombenze quotidiane?
Questa tendenza alla graduale contaminazione tra le due dimensioni, tuttavia, è cresciuta in maniera esponenziale e obbligata nel corso del 2020 e questi primi mesi del 2021. Per via dell’emergenza Covid19, che ha modificato rapporti sociali e abitudini di acquisto in una maniera che si considera permanente, anche un pubblico che prima si era confrontato con le tecnologie digitali in maniera assai misurata è stato costretto a scoprire una realtà inesplorata e ad utilizzarla.
Per questo phygital è oggi una parola chiave dell’innovazione e può essere considerato un trend nelle strategie digital del 2021. Dunque, non una moda passeggera, ma un approccio da tenere sempre in considerazione.
Cosa si intende per phygital?
Allargando il concetto, phygital è qualsiasi esperienza in cui vi siano contestualmente elementi fisici ed elementi digitali: dalla didattica online a quella a distanza sincrona, dallo smart working a tutte le forme di comunicazione digitale trasformate immediatamente in opportunità di informazione, lavoro, intrattenimento. Ma phygital è anche scoprire un prodotto online e acquistarlo in un negozio, o al contrario, acquistarlo nello shop online dopo averlo provato fisicamente.
Lo scambio potenzialmente continuo tra esperienze online e offline offre enormi possibilità proprio nel marketing: coniugare il meglio del mondo fisico – interazioni con le persone, la possibilità di vedere e valutare direttamente il prodotto o servizio – con il meglio della realtà virtuale – maggiore possibilità di scelta, velocità nel confronto tra prodotti e servizi simili, immediatezza – può essere sfruttato per offrire al cliente un’esperienza di acquisto migliorata e più soddisfacente, in cui tutti i canali di marketing lavorano insieme senza soluzione di continuità. La finalità è armonizzare l’esperienza fisica e digitale, proponendo il meglio di entrambi i mondi proponendo un nuovo modello di valori, emozioni e umanità.
Il phygital nel marketing
Secondo alcuni esperti, il marketing phygital, per essere tale, risponde a tre elementi essenziali: immediatezza, immersione e interazione:
- l’immediatezza per garantire che le cose accadano nel momento in cui vogliamo farle accadere;
- l’immersione per rendere l’utente partecipe dell’esperienza;
- l’interazione necessaria per attivare la parte più fisica ed emotiva del processo di acquisto.
Una strategia marketing phygital pertanto non è soltanto multicanale, ma un’esperienza di acquisto diversa, che favorisce l’immediatezza e l’immersione da un lato e l’interazione fisica per poter ingaggiare il cliente dall’altro, per una customer journey fluida e ibrida. Come? Con un impiego mirato delle tecnologie digitali – multicanalità, touchpoint, automazione, intelligenza artificiale, chatbot, realtà aumentata – che consentono di unire i vantaggi dell’ambiente fisico a quelli del digitale.
Il marketing digitale ha aumentato l’esperienza che i clienti ricevono durante l’acquisto, e tuttavia le indagini di mercato ci dicono che se il 63% degli acquisti inizia online, esiste un il 49% che preferisce ancora lo shopping nei negozi fisici, a dimostrazione di quanto può essere importante riuscire a trasformare il “momento online” e “il momento in negozio” come aspetti diversi – non necessariamente in questo ordine – di un’unica esperienza, che può procedere indifferentemente in un senso o nell’altro, senza nette distinzioni.
L’uso di strumenti digitali può fornire ai clienti l’esperienza immediata, facile conveniente e divertente che desiderano. Può ricreare un’esperienza di acquisto in cui i touchpoint online rinviano al negozio fisico e viceversa, ma in maniera non sequenziale, bensì in modo esclusivo e altamente personalizzato.
Se il vantaggio è chiaro dal punto di vista del cliente, per il brand offrire ambienti digitali con cui interagire in ambienti fisici si presenta come l’occasione unica di ricevere informazioni importanti sui gusti e sulle abitudini di chi acquista i suoi prodotti. Lo scopo pertanto non è solo la singola vendita, ma la possibilità di impostare campagne mirate e altamente personalizzate per consolidare il rapporto con il cliente, e spingere nuovi, potenziali consumatori all’acquisto.
Insomma, come gli ebook non hanno eliminato i libri di carta, l’eCommerce non riuscirà a soppiantare il negozio fisico, ma solo se le aspettative dei clienti saranno soddisfatte.
Ma in pratica? Grandi e piccoli esempi di marketing phygital
Che le aspettative dei clienti di oggi siano sempre più indirizzate verso un’esperienza di acquisto phygital lo dimostra l’esempio offerto da alcune multinazionali.
Amazon ha intercettato parte del pubblico statunitense con l’apertura di 20 punti vendita Amazon Go: supermercati fisici in cui l’esperienza di acquisto avviene in maniera veloce e senza intermediari, basta farsi riconoscere con apposita app all’ingresso. Grazie a sofisticate tecnologie digitali i clienti acquistano ciò che vogliono, pagano senza passare in cassa e ottengono lo scontrino direttamente sullo smartphone.
Nike invece ha sperimentato campagne generate su dati strettamente locali, che hanno portato a shop temporanei con linee esclusive acquistabili solo nel negozio. I clienti sono stati invitati a partecipare attraverso l’app, grazie alla quale hanno anche potuto riscattare gadget dedicati, prenotare una sessione di test dei prodotti, prenotare i prodotti per il ritiro e così via.
Certo, non tutti possono utilizzare le enormi risorse di Amazon e Nike. Tuttavia, le tecnologie digitali oggi in uso offrono già la possibilità di connettersi meglio con i propri clienti e fornire un’esperienza più soddisfacente.
I Social Media, ad esempio, non solo offrono la possibilità di creare vetrine digitali, ma anche di creare campagne che spingono all’interazione tra brand e cliente. Un esempio può essere premiare con un omaggio da ritirare in negozio chi commenta un post o partecipa ad un evento.
Google offre strumenti per valorizzare i negozi fisici con aggiunta di immagini, la possibilità di un contatto diretto attraverso telefonate e messaggi, o la possibilità di lasciare recensioni.
I negozi temporanei o pop-up trasformano per un breve tempo gli shop virtuali in spazi fisici, e le possibilità di attrarre clienti con sconti e promozioni dedicate sono moltissime.
Anche l’Email Marketing e l’SMS marketing si trasformano in strumenti di multicanalità se legati ad un eCommerce.
Anche se a piccoli passi e con soluzioni diversificate, le aziende dovranno cercare modi per incorporare l’automazione, l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e altre tecnologie digitali negli showroom che collegano il regno fisico e quello digitale e portano l’esperienza del cliente al livello successivo.
Previsioni e tendenze del digital marketing per il 2021
In questo nuovo anno il marketing dovrà concentrarsi principalmente su tre aspetti: trasformazione digitale, eticità nel trattamento dei dati e raggiungere i consumatori che trascorrono molto più tempo a casa. Senza dimenticare una comunicazione inclusiva e la caduta di alcuni tabù.
Il 30% dei consumatori ritiene che le esperienze di acquisto non torneranno mai più a essere come prima della pandemia. Da questo capiamo che per i retailer è più importante che mai cogliere questa nuova opportunità di crescita, il rischio di rimanere indietro rispetto alla concorrenza è molto rischioso in un mercato cambiato completamente nemmeno in un anno.
Trasformazione digitale delle piccole e medie aziende
Le aziende di piccole e medie dimensioni sono state tra le realtà commerciali più colpite dalle conseguenze della pandemia. Queste si sono trovate di fronte alla necessità di ripensare completamente la gestione delle interazioni fisiche con i propri clienti.
Wematica durante il primo lockdown ha ideato e creato una soluzione veloce e subito pronta per le aziende locali: Ecommerce Locale.
Una nuova era per l’etica dei dati
Più le persone utilizzano Internet, più proteggerne la privacy e i dati diventa una questione fondamentale. Solo negli ultimi due anni abbiamo prodotto il 90% dei dati disponibili, un dato significativo che dimostra quanto è importante un trattamento sempre più regolamentato degli stessi. Gli utenti si aspettano che le aziende proteggano i loro dati e ne comunichino l’utilizzo.
Nelle aziende sono sempre più presenti i profili etici che entrano nella quotidianità aziendale rappresentando un reale vantaggio competitivo. Possiamo affermare infatti che il posizionamento dell’azienda sul mercato non si basa più solo sull’affermazione dell’identità aziendale, ma si estende alla comunicazione dei valori aziendali tra cui i profili etici.
In questo nuovo anno verrà data sempre più importanza ai sistemi di misurazione incentrati sulla privacy, i professionisti del marketing si troveranno ad utilizzare tecniche sofisticate come i modelli di conversione per quantificare il rendimento delle loro campagne digitali.
Raggiungere i consumatori confinati in casa
Gli utenti utilizzano sempre di più i video online per informarsi e divertirsi. Nel 2022 più dell’80% del traffico online dei consumatori sarà generato dai video. Bisogna tener conto che in questo periodo storico così particolare, i consumatori avranno un comportamento non definito e certo fino al raggiungimento di una nuova “normalità”. Il compito delle aziende sarà quello di orientare il consumatore in questa nuova realtà.
Applicazioni per le aziende
Scaricare una app è un’importante dimostrazione di interesse nei confronti di un’azienda. Gli utenti di app tendono a essere clienti più fedeli, nel caso dei negozi fisici è stato visto che questi tendono a spendere tre volte di più rispetto ad altri clienti che utilizzano dispositivi mobili. Dal momento che questa tendenza continuerà ad essere presente nel 2021, le aziende devono ripensare la loro strategia, convertendo così le app in un canale a valore aggiunto per i propri clienti.
Uguaglianza anche nel marketing
Il discorso sull’uguaglianza razziale ha fatto un grosso passo in avanti nel 2020 ma nel 2021 le persone si aspettano di più. L’approccio comunicativo dovrà essere più naturale e autentico, non indirizzato ad un solo target di riferimento: ogni categoria dovrà essere parte integrante di tutta la comunicazione.
Meno tabù nella comunicazione
Molte aziende hanno scelto di contribuire alla fine di alcuni tabù nella comunicazione, dando luce ad argomenti che finora non sono mai stati affrontati per quello che sono, così come sono. Il ciclo mestruale è solo uno dei tanti temi che molte aziende, tra cui anche Pantone e Nuvenia, stanno portando alla luce. Un approccio trasparente e diretto che ha trovato riconoscimento nel pubblico, a dimostrazione che il dialogo e il confronto su temi importanti come questo permette la loro normalizzazione.
L’ascolto da parte delle aziende del proprio target è fondamentale. Ascoltando le richieste, i bisogni, le necessita e i desideri del proprio pubblico di riferimento permette di creare campagne di comunicazione che riscuoteranno l’approvazione e la condivisione. Creare una connessione, fare in modo che i consumatori credano nell’azienda permette non solo all’azienda di crescere ma di consolidare nel tempo la propria identità e forza sul mercato.
Il 2021 si prospetta un anno importante nella comunicazione molti temi verranno sdoganati attraverso un linguaggio coerente e inclusivo che rappresenti in modo realistico quello di cui si sta parlando, chiamandolo per nome senza vie di fuga.
Far sentire la voce di un brand: l’uso del podcast nel marketing
Connessi e multitasking: se il nostro stile di vita ci spinge ad essere sempre online e a sperimentarci in più azioni contemporanee, ecco che l’audio si propone come linguaggio efficace nelle strategie di comunicazione e marketing. Non è una nuova frontiera del tech, bensì un ritorno che si prepara da qualche anno: i podcast (ma anche audiolibri e smart speaker, a cui non ci dedicheremo in questo articolo) stanno vivendo un momento di rinnovato e crescente interesse, e si pongono come mezzi originali, che si distinguono nell’eccesso visivo del quotidiano bombardamento di immagini e video.
Caratteristiche del podcast
E allora cosa è un podcast? Questo termine indica contenuti audio originali, che possono avere natura seriale a episodi, disponibili on demand su internet, generalmente in forma gratuita. Possono essere ascoltati o scaricati da qualunque dispositivo connesso alla rete, e una volta effettuato il download i file possono essere fruibili offline in qualunque momento.
Tramite la tecnologia del podcasting è possibile trovare, su apposite piattaforme, contenuti provenienti da diverse fonti semplicemente ricercando l’argomento di interesse. Se siamo interessati ad un podcast, basterà iscriversi per veder comparire tutti gli episodi disponibili.
La parola podcast è comparsa per la prima volta il 12 febbraio del 2004 nell’articolo Audible Revolution, pubblicato sul The Guardian. L’autore, Ben Hammersley, domandandosi quale potesse essere il nome più giusto da dare a questa nuova modalità di distribuzione di contenuti audio, fuse i termini «iPod» e «Broadcasting». Il termine podcast ebbe immediato riscontro nel mondo della tecnologia e si diffuse rapidamente, tanto che nel 2005 New Oxford American Dictionary lo consacrò parola dell’anno.
Anche se esistono altre versioni sulla nascita e significato della parola podcast, il 12 febbraio 2004 è considerata la data di nascita di questo mezzo che, a suo modo, ha segnato una rivoluzione.
Dopo il successo iniziale, il podcast è divenuto un canale di comunicazione per pochi, segnato da una flessione lenta e costante per almeno per un decennio. Due i motivi principali di questo abbandono: non essere considerato un mezzo a sé stante e le limitazioni tecnologiche di allora, che rendevano difficile scoprire e ascoltare i file.
Branded Podcast, nuovo strumento per il Content Marketing
Oggi la situazione è completamente diversa. La diffusione di mezzi connessi alla rete, che consentono di scaricare e riprodurre contenuti audio, hanno eliminato le problematiche tecnologiche che all’inizio degli anni Duemila avevano reso difficile la diffusione dei podcast.
D’altra canto, la possibilità di ascoltarli offline, in qualunque momento, mentre si compiono altre azioni, hanno portato ad una rivalutazione de mezzo, riscoprendone le caratteristiche che lo rendono la nuova frontiera del Content Marketing e un efficace strumento di generazione di lead.
Un podcast trasmette informazioni, notizie, emozioni. I generi più diffusi sono quelli di formazione, di informazione e di intrattenimento. Parliamo invece di Branded Podcast per quegli audio che danno voce a un brand. Un’azienda può parlare al proprio pubblico informandolo, intrattenendolo, educandolo, tramite una rubrica di approfondimento, una storia emozionante, uno storytelling concepito ad hoc. Il Branded Podcast, per essere efficace strumento di marketing, va integrato all’interno della strategia di comunicazione, e agisce principalmente sulle fasi di brand awareness e brand consideration di un’azienda.
Come si realizza un podcast
Tutto sommato, creare un podcast è relativamente semplice. Volendo ridurre al minimo, serve un microfono e un software di editing audio, ossia programma che consente la registrazione e la lavorazione del file audio. Ma questa facilità non deve ingannarci, perché anche se i numeri ci dicono che il podcast è un efficace canale marketing per generare lead, l’originalità, la qualità e l’unicità restano discriminanti per il successo. Pertanto la realizzazione dell’audio va considerata all’interno di una strategia di comunicazione più ampia: sapere cosa e come raccontare di un prodotto, di un marchio, di un servizio, e avere le idee chiare su come promuoverlo, è ciò che determinerà la diffusione del podcast e quindi il successo della campagna.
Quindi, prima di parlare davanti ad un microfono bisogna avere una strategia marketing chiara, un copione, e una buona piattaforma podcast!
Cosa rende il podcast un valido strumento marketing
I numeri che ci dicono che il podcast oggi è un mercato in forte crescita. Se il mondo del video è saturo, il podcast si riscopre come linguaggio adeguato con cui connettersi all’utenza di riferimento, con ampie possibilità di posizionamento e molte nicchie da colmare. Insomma, anche se in ascesa il podcast ha ancora poca concorrenza e, di contro, un pubblico pronto all’ascolto.
Un successo motivato da diversi fattori che agiscono simultaneamente e trasformano l’audio in un canale di generazione di lead alternativo e molto efficace. Vediamo i principali:
Il podcast risponde ai nostri interessi
Un podcast non ci viene imposto. È uno strumento on-demand, dunque non invasivo, a cui si giunge spesso cercando in internet. L’ascolto del podcast nasce dai nostri interessi, e la sua qualità determina e aumenta l’autorevolezza della fonte. Questo consente di creare un pubblico fidelizzato e realmente interessato ai contenuti.
Ciò non significa un podcast non possa integrarsi in una strategia di comunicazione e marketing più ampia, e armonizzarsi con altri canali, come i social o l’email marketing, che anzi possono amplificare la diffusione del podcast.
La voce è autentica
Rispetto all’immagine, l’audio è considerato un mezzo autentico, che implica fiducia e verità. Se per video e fotografie ipotizziamo manipolazioni almeno nella luce e nei colori, studi di settore dicono non ci si chiede mai se una voce è contraffatta, a meno che non ci siano evidenti alterazioni. Anche i social permettono di comunicare con efficacia con il proprio pubblico, ma un podcast parla letteralmente all’ascoltatore: questa predisposizione naturale a considerare una voce come vera permette di creare relazioni più solide e sicure.
La narrazione crea rapporti solidi ed intimi
Un podcast è un documento basato esclusivamente sull’ascolto, ma se ci limitiamo a considerarlo un “video senza immagini” non possiamo apprezzarne le sue qualità intrinseche. Un podcast è un «medium di sottrazione», che lascia libertà nell’immaginare quanto descritto dalla narrazione. La nostra partecipazione nel processo di costruzione della storia crea un legame solido ed intimo con il narratore.
Il Branded Podcast offre grandi possibilità grazie a questo legame stretto ed intimo che viene a crearsi con la narrazione: una comunicazione orizzontale e non più verticale con il proprio pubblico, che permette all’azienda di avvicinarsi in maniera efficace alle persone, e divenire meritevole di fiducia.
Approfondimento, engagement e conversione
Il podcast per sua natura è un file audio di lunghezza medio-lunga, pertanto risulta molto più efficace di un video per parlare in maniera approfondita dei valori del brand.
Le lunghe forme di narrazione proprie del podcast permette lo svilupparsi di uno storytelling avvincente e la possibilità di soffermarsi su aspetti prescelti in maniera ampia e non concisa.
Un formato lungo che non spaventa l’utenza, anzi. Ricerche di settore ci restituiscono un engagement superiore ad altri mezzi, con percentuali al di sopra del 60% di ascolto per esteso di un episodio, laddove il video ha un livello di attenzione molto più debole e un’altissima percentuale di abbandono. Un interessamento che presenta anche dei riflessi positivi da un punto di vista economico e commerciale, determinati dagli alti tassi di conversione: l’ascolto del podcast si conclude spesso con la condivisione del file, ricerca di maggiori informazioni sul brand, un acquisto.
Il podcast ci consente di essere multitasking
L’ascolto del podcast può avvenire ovunque e mentre si svolgono altre azioni. Contrariamente ai video, per cui è indispensabile guardare lo schermo, una storia può essere ascoltata con facilità in auto, sui mrezzi di trasporto, mentre si cucina o si fa sport.
Di fronte alla necessità imposto da uno stile di vita sempre più frenetico, che impone di fare più cose contemporaneamente, il podcast ci consente di essere multitasking, offrendosi come un modo per evadere dalla quotidianità restando ancorati alle nostre vite. Una circostanza che si traduce in una maggiore continuità d’ascolto, e un tasso più basso di abbandono e una minore probabilità di ad-skipping.
Il podcast in Italia nel 2020
Dalla 2° Edizione di “Digital Audio Survey” realizzata da Ipsos, l’indagine che rileva annualmente ascolto e modalità di fruizione di tutte le forme di Digital Audio, è emerso che il 2020 è stato un anno all’insegna della crescita per i podcast, con un aumento di ben 4 punti percentuali solo nell’ultimo mese di rilevazione, passando dal 26% al 30% della popolazione tra 16 e 60 anni.
I risultati ci dicono che è uno strumento particolarmente apprezzato dagli under 35, dagli studenti, ma anche da persone con alto livello di istruzione e professioni elevate.
Centrale è l’ascolto su smartphone e crescono gli smart speaker, mentre arretrano computer e tablet. La fruizione avviene soprattutto in casa, mentre si svolgono altre attività, anche se è in crescita la percentuale di chi si dedica pianamente all’ascolto, con una percentuale al 61% di chi ascolta il podcast nella sua interezza, in crescita rispetto all’anno precedente
E-mail marketing: 3 cose da fare e altrettante da evitare
L’e-mail marketing è uno strumento di marketing diretto, utilizzato dalle imprese per comunicare con il cliente tramite il suo indirizzo e-mail, per aggiornarlo sulle novità, inviargli comunicazioni automatiche o promozioni sui prodotti.
Questo strumento è molto utile sia per le imprese, in quanto garantisce maggiori conversioni degli utenti rispetto ad altri strumenti di comunicazione online, che per gli utenti, che in questo modo hanno la possibilità di rimanere aggiornati sulle promozioni e le novità dei loro brand preferiti.
Vediamo quindi come fruttare al meglio le potenzialità di questo strumento.
1. Offrire contenuti utili al cliente
Se l’e-mail marketing è uno strumento vantaggioso per le imprese, perché consente loro di comunicare in modo diretto con i clienti e ottenere informazioni preziose, per poter funzionare in modo efficace deve dimostrare la sua utilità anche nei confronti dei clienti. Infatti, inviare comunicazioni interessanti e utili per il destinatario fa sì che le comunicazioni ricevute risultino meno fastidiose e invasive per l’utente, favorendo la lettura dei contenuti e il loro approfondimento. È poi fondamentale segnalare la natura del contenuto tramite l’oggetto della mail: deve contenere tutte le parole chiave utili a comprendere facilmente di cosa tratta la mail, in modo tale da attirare l’attenzione dell’utente che la riceve.
2. Essere costanti e creare uno storytelling
Utilizzare lo strumento dell’e-mail marketing vuol dire migliorare la relazione con gli utenti. Ogni volta che un’azienda invia una mail ai suoi clienti, sta comunicando qualcosa e alimentando la relazione con loro. Per far sì che questo strumento migliori la relazione e la renda più solida, è importante attivare una comunicazione costante e che segua un filo conduttore. In questo modo gli utenti si sentiranno partecipi di una vera e propria conversazione e saranno curiosi di approfondire i contenuti ad ogni e-mail ricevuta.
3. Utilizzare call to action specifiche e attinenti al tema della mail
Affinché l’invio di mail risulti davvero utile per l’impresa, c’è bisogno di inserire al loro interno delle call to action che rimandino a contenuti inerenti al tema scelto e al messaggio che si intende comunicare. Infatti, gli utenti sono più portati a cliccare su link che rimandano ad approfondimenti coerenti con il contenuto appena letto, mentre proporre azioni diverse e poco inerenti al tema trattato potrebbe risultare confusionale e poco efficace.
Dopo aver appreso alcune buone pratiche per una strategia di e-mail marketing efficace, vediamo insieme gli errori più frequenti e da evitare:
1. Usare uno stile freddo e impersonale
Molte aziende comunicano via e-mail utilizzando un tono freddo e distaccato e scrivendo in modo impersonale, per ottimizzarne tempi e costi.
Ma inviare una mail vuol dire parlare in modo diretto all’interlocutore, quindi perché non rivolgersi al cliente in prima persona? Se si è in possesso dei software giusti e se il tone of voice aziendale lo consente, è utile prendere l’abitudine di rivolgersi ad ogni utente chiamandolo per nome, in modo tale da farlo sentire importante per il brand.
2. Esagerare con l’invio delle mail
Se è vero che gli utenti interessati alle comunicazioni di un brand sono felici di riceverne le mail, è altrettanto vero che inviarne troppe non fa altro che rendere le comunicazioni da parte dell’impresa fastidiose e invasive. È consigliabile, quindi, seguire un calendario definito ed essenziale, in modo tale da non intasare la casella di posta degli utenti e ridurre i click sul pulsante “Annulla iscrizione”.
3. Non avere una presenza sul web forte e radicata
Un’impresa che sa sfruttare appieno i suoi strumenti di comunicazione, sa che alla base di ogni strategia online c’è una presenza forte e radicata sul web. L’utente deve poter approfondire i contenuti ricevuti per e-mail navigando sul sito web e sui profili social aziendali, e questi devono essere ben presidiati dall’impresa, in modo tale da favorire un’immagine positiva e l’engagement dell’utente.
Gamification, una strategia non convenzionale per valorizzare l’azienda
Nel contesto competitivo nel quale le imprese si trovano attualmente a operare, risulta sempre più difficile catturare l’attenzione dei clienti, spesso distratti e con sempre meno tempo a disposizione.
Anche per le aziende più conosciute e apprezzate non è semplice comunicare con i clienti e attrarne di nuovi, per questo si sono moltiplicate strategie di marketing e comunicazione innovative con l’obiettivo di stupire, creare buzz e alimentare conversazioni sulle aziende, ma soprattutto coinvolgere in prima persona il pubblico.
Tra le strategie di marketing più coinvolgenti c’è quella della gamification, ovvero l’utilizzo di meccanismi tipici del gioco in contesti nuovi e differenti.
Ma cosa rende questa strategia così utile e interessante?
Per prima cosa il successo di questa strategia va ricercato nell’utilizzo di premi o ricompense. Ogni volta che l’utente raggiunge un obiettivo, come ad esempio l’ottenimento di un certo numero di punti sulla tessera fedeltà, egli avrà diritto a un premio, come uno sconto oppure un prodotto omaggio. I clienti sono invogliati a fare acquisti e a recarsi nei negozi (fisici o virtuali) perché sanno che otterranno qualcosa in più dall’azienda, facendo esperienza di un processo di acquisto più coinvolgente.
Un esempio è lo Starbucks Rewards, un programma fedeltà basato su un’applicazione mobile in grado di far guadagnare stelle a seguito degli acquisti effettuati dagli utenti. Dopo aver collezionato punti, i clienti Starbucks possono riscuotere la loro ricompensa e scegliere tra ordinazioni gratuite, merchandising del brand o musica in streaming.
Inoltre, la gamification fa leva sulla competitività degli esseri umani.
Aver raggiunto un obiettivo, aver vinto un premio, ci distinguono da chi ci circonda e ci fanno sentire appagati e migliori. Per questo spesso le aziende realizzano concorsi a premio, stimolando la competitività dei clienti e mettendo in palio sconti, prodotti o esperienze esclusive.
Ma alcune aziende hanno scelto di utilizzare le tecniche di gamification in modo ancora più coinvolgente e immersivo per i clienti, facendo del processo di acquisto, o della scoperta di un prodotto, dei veri e propri momenti di gioco.
Un esempio recente viene dalla Spagna, dove il brand Fanta, durante l’estate 2019, ha lanciato un’iniziativa spiritosa e interessante con lo scopo di pubblicizzare un nuovo prodotto.
Dopo aver messo sul mercato quattro nuovi sapori (fragola e kiwi, frutti di bosco, uva, pesca e albicocca) in edizione limitata, Fanta ha sfidato i cittadini spagnoli a decretare il gusto migliore attraverso la campagna “La battaglia dei sapori”. Il brand ha così stimolato i giovani spagnoli a partecipare a giochi interattivi, ispirati al mondo medievale della nota serie televisiva Game of Thrones. Le sfide, lanciate attraverso i social, hanno visto i consumatori unirsi in squadre per salvare il loro gusto preferito, duellando a suon di creatività, creando un ballo della vittoria e disegnando bestie fantastiche e addirittura uno scudo della squadra. Al termine della sfida, il team vincitore ha decretato il gusto della bevanda da rendere permanentemente disponibile all’acquisto.
Infine, grazie alla gamification le aziende accrescono notevolmente il loro valore percepito. Questo perché gli utenti saranno portati ad associare al brand esperienze positive, aumentando la loro retention e la percezione positiva della marca.
Brand extension: anche i migliori possono sbagliare!
La brand extension, o estensione di marca, nel marketing è una tecnica che prevede l’espansione del brand in nuovi segmenti di mercato.
La strategia di brand extension sfrutta la notorietà e reputazione di una marca di successo per: estendere la fetta di clienti nell’ambito dei segmenti serviti, penetrare nuovi segmenti di mercato o per creare nuovi elementi di differenziazione rispetto alla concorrenza.
I brand possono affrontare “l’estensione” in due direzioni: ampliando la linea di prodotto all’interno della categoria originaria (line extension), oppure estendendo la categoria a settori nuovi per la marca (category extension). Nel primo caso, un brand noto viene associato ad un nuovo prodotto destinato ad un nuovo segmento di mercato nell’ambito della stessa categoria di prodotto; nel secondo, al contrario, il brand viene utilizzato per entrare in una nuova categoria di prodotto.
I benefici della brand extension
I benefici della brand extension risiedono in gran parte nell’ereditarietà che porta con sé il brand. L’uso dell’estensione della categoria permette alle imprese di proporre un’ampia gamma di prodotti o servizi con un’unica identità di marca, nei cui confronti il cliente ha già sviluppato un rapporto di fiducia. In questo modo sarà facilitato il lancio di nuovi prodotti: il consumatore proietterà nel nuovo prodotto la fiducia consolidata nei confronti della marca, l’impresa potrà contare su minori costi di investimento. Può capitare inoltre che il cliente sia contento di vedere la propria marca di riferimento anche in un settore dove era un concorrente ad avere la meglio.
Quando la brand extension non funziona
Molte aziende in tutto il mondo hanno provato a riutilizzare lo stesso brand su categorie di prodotto diverse da quella originaria, non riuscendo sempre nell’intento di estenderlo in altri settori e avere risvolti positivi.
Prima di adottare una strategia di estensione della marca le aziende dovrebbero chiedersi innanzitutto in che modo i consumatori potrebbero percepire il prodotto di estensione e cosa potrebbe condizionare il loro giudizio. Il concetto di coerenza deve essere alla base di ogni progetto di estensione: è essenziale che il nuovo prodotto rispecchi la mission e i valori del brand ma anche la fascia di prezzo (prodotto di largo consumo o luxury) per evitare che cambi totalmente la percezione iniziale della marca.
Casi di insuccesso
Zippo: la famosa marca di accendini ha prodotto per un certo periodo profumi femminili. La scelta di un settore completamente diverso, il packaging troppo simile ad un accendino da cowboy e un target molto diverso, hanno portato l’azienda ad un flop totale.
Colgate: è senza dubbio il caso più conosciuto quando si parla di fallimento della brand extension. Negli anni ’80 l’azienda decise di mettere in commercio prodotti di genere alimentare. L’idea non piacque ai consumatori visto il posizionamento molto forte dell’azienda nel modo dell’igiene orale.
Giovanni Rana: tra i flop italiani troviamo i tortelli freschi con cioccolato di Giovanni Rana del 2009. Sono stati prodotti per soli sette mesi e poi ritirati dal mercato, prodotti da “friggere e servire con le fragole” o anche “lessare e accompagnare con scaglie di cocco” così da confezione.
Casi di successo
Nivea: azienda che dalla crema cosmetica ha esteso negli anni, una volta consolidato nel mercato, lo stesso brand a tanti altri prodotti della stessa categoria: protezione solare, deodoranti, shampoo…La grande varietà di prodotti creati e lanciati attraverso la strategia di brand extension messa in atto ha dato origine ad una grande family brand acquistata in tutto il mondo.
Virgin Group: sotto il marchio Virgin, caso di successo mondiale, sono state aperte palestre in tutto il mondo (27 solo in Italia), inoltre offre ai consumatori di tutto il mondo bevande energetiche, intrattenimento, viaggi, cosmetici, libri e addirittura mongolfiere e abiti da sposa.
Benetton: tra i maggiori successi di brand extension in Italia troviamo Benetton. L’azienda italiana inizia la sua storia con la produzione di soli abiti per arrivare all’inclusione di prodotti quali: accessori, calzature, pelletteria e valigeria. Ricordiamo anche che il brand è impegnato su vari fronti tra i quali ricordiamo Telecom, Olivetti e Autostrade Italia.
Un’azione di brand extension è senza dubbio rischiosa ma se studiata nel dettaglio può far crescere la reputazione della marca in maniera considerevole. Questa rappresenta una valida soluzione per tutte quelle aziende che vogliono conquistare nuovi mercati; non deve essere dimenticato però il percorso del brand intrapreso fino a quel momento (in tutti i suoi aspetti).